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Riscaldamento globale, Groenlandia già irreversibile. Anche l’Italia si scalda: il 65% delle province supera la media europea. I cittadini europei si mobilitano su www.stopglobalwarming l'unica iniziativa cotinentale, già incardinata, per tassare le emissioni di CO2


PRISMA news. Torino, 15 agosto 2020 – Secondo l’indagine dell’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa/EDJNet diffusa da stopglobalwarming.eu condotta su 110 province nostrane la più colpita è Brindisi (+3.1 gradi rispetto al 1960), Roma (+3°) e Sondrio (+2.9°), segue Milano (+2.8°). Livelli sotto controllo a Olbia, Trapani e Pisa. Fra le regioni bandiera nera per Lombardia, Lazio e Trentino.

Marco Cappato chiama a raccolta chi è consapevole dell’emergenza: “La nostra proposta, sviluppata da 27 premi Nobel, di tassare le emissioni verrà obbligatoriamente discussa al raggiungimento di 1 milione di firme”.

La temperatura media nelle province italiane, rispetto a cinquant'anni fa è cresciuta di 2,2 gradi centigradi, toccando picchi di oltre 4 gradi in alcune aree del Paese. Lo rivela la *ricerca realizzata da OBC Transeuropa nell’ambito del progetto In Marcia con il Clima.

La situazione è preoccupante. Le nostre province stanno registrando pericolosi incrementi: ben 72 su 110 totali (il 65%) superano la media continentale (+1,990°C). Fra le realtà più colpite spicca Brindisi, la più riscaldata d'Italia, che secondo quanto riporta l'osservatorio ha subito un riscaldamento di +3.12° C gradi. Appena sotto le città metropolitane Roma (3,07°) e Milano (2,85°), al secondo e quarto posto, sul podio anche Sondrio (2,98°), al terzo posto. In ordine fino alla 20esima posizione troviamo Latina (2,79°), Vicenza (2,76°), Monza Brianza (2,73°), Bolzano-Bozen (2,71°), Lecce (2,69°), Taranto (2,68°), Campobasso (2,67°), Verbano-Cusio-Ossola (2,66°), Reggio Calabria (2,65°), Pordenone (2,63°), Varese (2,61°), Bergamo (2,58°), Verona (2,56°), Brescia (2,56°), Treviso (2,54°) e Frosinone (2,53°).

La regione che ha registrato l'incremento maggiore è il Lazio (+2,66 °C), seguita da Trentino-Alto Adige (+2,57 °C) e Lombardia (+2,56 °C).

Si tratta di dati indicativi ma allarmanti, considerando le proiezioni diffuse dalle Nazioni Unite, che han fissato a +1,5 °C il punto di non ritorno per il pianeta, il livello medio mondiale da non superare (al momento il livello climatico medio globale, rispetto all'inizio dell'era industriale che viene considerata come riferimento, si è alzato di 1,1°C). Un limite che, con l'inerzia attuale, dovrebbe invece essere superato tra il 2030 e il 2050. Con conseguenze catastrofiche già irrimediabilmente avviate, come evidenziato da alcuni studi pubblicati in questi giorni in merito alla calotta glaciale della Groenlandia, destinata ormai a sciogliersi. Come evidenziano gli scienziati nemmeno il lock down ha prodotto risultati significativi in tema di global warming.

Il campanello d'allarme suonato dall’Osservatorio non è passato inosservato all'ex europarlamentare Marco Cappato (Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e fondatore di EUMANS!, il movimento di cittadini europei attivo sullo sviluppo sostenibile) attualmente attivo a livello internazionale con www.stopglobalwarming.eu, l'unica iniziativa formale già incardinata istituzionalmente sul tema ( VEDI APPROFONDIMENTO) in alternativa all'inerzia della UE, una ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei) nata da un'idea avanzata da 27 Premi Nobel e 5.227 scienziati e che vanta la fiducia di personalità del mondo della cultura e dello spettacolo come il climatologo L.Mercalli, e artisti come G. Salvatores, O.Toscani, G.Muccino, Pif, Fedez, T.Gelisio, M.Maionchi, G.Covatta N. Zilli, N.Marcorè, G.Innocenzi, C.Capotondi, G.Muccino, Arisa, Pif e P.Pardo.

Stopglobalwarming.eu, promossa insieme a esperti come Alberto Majocchi (Professore Emerito di Scienza delle Finanze all'Università di Pavia) e Monica Frassoni (ex co-Presidente del Partito Verde Europeo), al raggiungimento del milione di firme chiederà alla Commissione Europea di impegnarsi a elaborare la proposta legislativa di fermare il riscaldamento globale spostando le tasse dalle persone all'ambiente, e dunque tassando le emissioni di CO2 e riducendo le tasse sul lavoro. Secondo la proposta, chi emette anidride carbonica in Europa pagherebbe un prezzo a tonnellata (dai 50 euro iniziali a 100 dopo 5 anni) incentivando il risparmio energetico e le fonti rinnovabili. Il ricavato andrebbe a beneficio dei lavoratori, con una riduzione delle tasse in busta paga. In questo modo l’Unione Europea potrebbe ricavare un tesoretto di 180 miliardi di euro all’anno per ridurre la pressione fiscale sui lavoratori europei.
Per raggiungere il milione di firme necessario, notizia dell'ultim'ora, è appena stato prorogato di 6 mesi il termine inizialmente fissato al 20 luglio 2020, e ora spostato al 20 gennaio 2021.

“Il tema del riscaldamento globale è maggiormente percepito nel corso della stagione estiva a causa dell’innalzamento delle temperature, ma, come confermano alcuni studi pubblicati in questi giorni da autorevoli riviste scientifiche, l'emergenza, in alcune aree del pianeta ha già prodotto danni irreversibili – dichiara Marco Cappato -. Occorre una vera svolta che combini le esigenze dell'economia e dell'ecologia, tassando le emissioni di Co2 per evitare una catastrofe planetaria, scenario più che probabile se le politiche nazionali resteranno invariate. Soltanto i cittadini europei possono ora mettere sul tavolo le proposte che i Governi non hanno avuto il coraggio di formulare in modo adeguato. Se riusciremo a raccogliere un milione di firme da almeno 7 Stati membri, la Commissione europea sarà così formalmente obbligata ad esprimersi su una proposta finalmente adeguata ad affrontare l'emergenza climatica. Stop.globalwarming.eu è un’opportunità concreta e incardinata a livello istituzionale. Ci rivolgiamo a chi è informato e già consapevole dell’emergenza, e a chi sostiene le numerose campagne di sola sensibilizzazione che però sono state accolte con indifferenza dai paesi membri dell’UE. Serve la firma di tutti su www.stopglobalwarming.eu perché al raggiungimento dell’obiettivo questa proposta diventerà obbligatoriamente oggetto di discussione in Commissione Europea”.

* I dati utilizzati per lo studio sono quelli prodotti da Copernicus e dallo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF) rielaborati da OBCT/EDJnet nel contesto del progetto In Marcia con il Clima https://www.europeandatajournalism.eu/ita/Chi-siamo/Altri-progetti/In-Marcia-con-il-Clima



APPROFONDIMENTO: STOPGLOBALWARMING.EU NEL DETTAGLIO – DI ALBERTO MAJOCCHI Professore Emerito di Scienza delle Finanze all'Università di Pavia)

L’Iniziativa dei Cittadini Europei sul Carbon pricing

La proposta di un’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) sul Carbon pricing nasce dall’assenza di iniziative concrete per ridurre le emissioni di CO2. In letteratura, l’imposizione di un prezzo sul carbonio viene considerato lo strumento migliore per compensare i danni generato dalle emissioni di anidride carbonica che derivano dalla combustione di combustibili fossili, e per frenare l'uso di fonti energetiche inquinanti. Ma senza una spinta forte dell’opinione pubblica sembra difficile l’introduzione di un prezzo sul carbonio, che avrebbe un duplice effetto positivo: da un lato, promuovere il risparmio energetico attraverso un aumento del prezzo dei combustibili e, d’altro, favorire il fuel switching grazie a una variazione dei prezzi relativi fra combustibili fossili e energie rinnovabili. La fissazione di un prezzo sul carbonio potrebbe altresì fornire una notevole ammontare di nuove entrate destinate a finanziare le spese che sono essenziali per la transizione ecologica e per sostenere una riforma fiscale che sposti l’onere della tassazione da un bene – il lavoro – a un male – l’emissione di gas ad effetto serra.

Le principali caratteristiche di un carbon pricing, ripresi nella proposta di ICE di stopglobalwarming.eu, possono essere sintetizzate nei termini seguenti:

a) il prezzo imposto inizialmente deve essere sufficientemente elevato per dare un segnale al mercato e promuovere un progressivo cambiamento nella struttura dei consumi e dei metodi di produzione. Questo prezzo, che potrebbe essere fissato inizialmente a €50 per tonnellata di CO2 emessa, verrà poi gradualmente aumentato fino al livello necessario per avviare l’economia europea sul sentiero di un effettivo contenimento delle emissioni inquinanti (ad esempio, €100 entro cinque anni);

b) nel 2017 le emissioni di CO2 nei settori non inclusi nel sistema dell’ETS ammontavano a 2.252,2 milioni di tonnellate. Il carbon dividend ammonterebbe quindi, inizialmente, a circa 112,6 miliardi di euro. A queste entrate si aggiungerebbero anche i proventi della vendita all’asta dei permessi di emissione nell’ambito dell’Emissions Trading System (ETS). Dato che in questo settore le emissioni ammontano a 1.718,1 milioni, se il prezzo imposto sul carbonio viene adottato come floor price per la vendita all’asta dei permessi di emissione, il cui prezzo non potrà quindi scendere al di sotto di € 50, le entrate derivanti dalla vendita all’asta potrebbero raggiungere 85,9 miliardi;

c) il carbon dividend potrebbe essere utilizzato per avviare una riforma fiscale che miri a garantire una redistribuzione a favore delle classi di reddito più disagiate, per contrastare gli effetti regressivi di un’imposta sull’energia e per combattere le diseguaglianze generate dal processo di globalizzazione e, al contempo, per garantire una transizione ecologica economicamente efficiente e socialmente sostenibile, con il sostegno alla produzione di energia rinnovabile - già favorita dal differenziale negativo di prezzo a sfavore delle energie tradizionali – e di garantire la creazione delle infrastrutture necessarie per la produzione e il trasporto delle energie rinnovabili;

d) infine, il carbon pricing europeo dovrebbe essere accompagnato dall’imposizione di un diritto compensativo alla frontiera (un Border Carbon Adjustnment - BCA), prelevato sull’importazione nel territorio dell’Unione di merci provenienti da paesi che non impongano un prezzo sul carbonio. Questo diritto compensativo potrebbe fornire entrate addizionali, che affluiranno direttamente al bilancio europeo come risorse proprie in quanto diritti doganali, senza dover ricorrere alla procedura prevista dall’Articolo 311 TFUE. In questo modo verrebbe garantita la competitività delle imprese europee ed evitato il rischio di rilocalizzazione all’estero delle emissioni di carbonio. Sulla base di dati Eurostat, nel 2018 le emissioni di CO2 legate alle importazioni sono state di 437 milioni di tCO2. Un BCA da 50 tCO2 su tutte le importazioni produrrebbe quindi un gettito di quasi 22 miliardi di euro. Con queste entrate si potrebbe raggiungere un totale di circa €220,5 miliardi.

La presentazione al Parlamento europeo del Recovery Plan da parte della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, incentrato su un nuovo strumento denominato Next Generation EU, introduce nel panorama politico europeo una serie di elementi di grande rilievo. In primo luogo, cade nell’Unione il divieto di ricorrere all’emissione di titoli per finanziare la spesa di investimento. L’emissione di titoli garantiti dal bilancio dell’Unione, e non dai singoli Stati membri, mette in campo la necessità di disporre di nuove risorse proprie per finanziare il bilancio europeo senza richiedere contributi addizionali agli Stati membri, dando così vita a un embrione di una finanza federale europea. E’ questa l’occasione per rilanciare l’idea di fissare un prezzo sul carbonio anche nei settori non inclusi nell’ETS, le cui emissioni ammontano al 57% del totale. Ma di questa possibilità non si parla nel documento della Commissione, ed è quindi importante che vi sia una spinta da parte dell’opinione pubblica - anche in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente del 5 giugno prossimo -, con la sottoscrizione dell’ICE sul carbon pricing.

Il momento è favorevole, sia dal punto di vista economico, dato che il prezzo del petrolio è molto contenuto, per cui i consumatori sarebbero in grado di assorbire senza traumi l’aumento di 11 cents nel prezzo della benzina che sarebbe legato a un carbon price di €50/tCO2, sia dal punto di vista politico, per la posizione della Commissione sostenuta da una larga maggioranza di Stati membri che mette il Green Deal al centro del piano di rilancio dell’economia europea. Con la fissazione di un prezzo sul carbonio si potrebbe quindi raggiungere un duplice obiettivo: ridurre le emissioni climalteranti e fare un passo avanti verso una fiscalità autonoma a livello europeo.

Per approfondimenti:
Fabio Miceli, Ufficio Stampa Associazione Luca Coscioni e Eumans
342.8083100
fabio.miceli2@associazionelucacoscioni.it


19/08/2020 - 11.31.00

fonte: Fabio Miceli fabio.miceli2@associazionelucacoscioni.it


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