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Anna Vinci
Gaspare Mutolo
La mafia non lascia tempo
Chiarelettere


Pianeta Libri news. Torino, 27 novembre 2019 – Gaspare Mutolo è un signore che tanto per gradire ha ucciso 22 persone, quasi sempre stringendo una corda attorno al collo della vittima, e solo per rese di conti tra mafiosi. "Certo – confessa – ammazzare strangolando è diverso. In molti, dopo averlo fatto, correvano a vomitare. L'omicidio per strangolamento è più lungo, bisogna avere mani forti e stringere la corda senza fermarsi. Solo quando il poveraccio sanguina dalle orecchie e se la fa addosso, si può realmente decretarne la morte". È felice di non aver dovuto uccidere guardie, magistrati, donne, bambini, Eseguiva degli ordini, da soldato di mafia, senza fare domande.

È nato a Palermo il 15 febbraio 1940 ed è cresciuto tra i vicoli di Mondello e Partanna, in un ambiente dove gli unici che stavano bene erano i mafiosi. Grazie a conoscenze dei parenti, all'età di 13 anni viene messo a lavorare nell'officina di un certo Salvatore Vetrano della famiglia di Paolino Bontade. Diventa un meccanico e un ladro di automoblili. "Ogni tanto – ricorda –, lavorando nelle macchine, trovavo un mitra, qualche pistola.Ogni tanto moriva qualcuno, però non mi interessava, era il nostro mondo da sempre".

Nel 1965 entra come affiliato in Cosa nostra, dopo aver condiviso con Riina una cella all'Ucciardone. È accanto a Riina dal 1969, di cui diventa il braccio desto e per il quale fa da autista e killer, e vede crescere il tradimento nella mafia di pari passo con la sua sete di potere. Nel 1973 diventa uomo d'onore e su consiglio di Riina si mette "sotto l'ala protettiva di di Saro Riccobono, il capo della famiglia di Partanna-Mondello. Lo stesso – aggiunge – che pochi anni dopo mi avrebbe chiesto di tradire".

"Non ce n'eravamo ancora resi conto, ma Riina era ormai diventato una minaccia per chiunque. Uno dopo l'altro, strava eliminando tutti i suoi amici. Secondo lui, appena uno diventava importante doveva essere fatto fuori. Voleva rimanere solo al comando, come Stalin. […]
Già nel 1974 aveva consegnato alle autorità Luciano Liggio [….]."

Nel marzo 1974 Mutolo è a Milano, fa parte di una squadra di una quindicina di uomini, tutti agli ordini di Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti,. Dopo i due gà portati a termine, devono effettuare un terzo sequestro di persona. "Non avevano fatto nomi, avevano solo detto: «Quello che sta costruendo Milano Due». [….]
All'improvviso , però, da Palermo arrivò una telefonata.
«Salta tutto. Tonate qui.»."

Mesi dopo Mutolo viene a sapere che Silvio Berlusconi aveva nella villa di Arcore un guardiano molto particolare, Vittorio Mangano, assunto come stalliere tramite Marcello Dell'Utri. "Ancora oggi – afferma – , quando sento Dell'Utri chiamarlo «stalliere» mi viene da ridere. Certo, in Sicilia Mangano avrà lavorato in una stalla, ma solo fra un omicidio e l'altro". A quei tempi a Milano c'erano molti che organizzavano «sequestri lampo» a scopo di estorsione "e una persona come Mangano era un ottimo deterrente".

Nel 1979 nel carcere di Sulmona conosce Koh Bak Kin, il maggior narcotrafficante del Sudest asiatico, del quale diventerà il rappresentante esclusivo in Italia. "Pagavo l'eroina cinquanta milioni al chilo e Savoca me la comprava a settantacinque. Il resto non mi riguardava".

Dal 1986 Mutolo inizia a maturare l'idea di dissociarsi da Cosa Nostra, cosa che avviene nel 1992. "Ormai era chiaro – afferma –: il signor Riina non ci avrebbe risparmiato e non avrebbe risparmiato i nostri figli. Tuttavia, anche se la decisione era già maturata nellla mia testa, se non fosse stato per la fiducia in Falcone, nella sua intellignza e onestà, né io né tanti altri ci saremmo mai dissociati".

Dopo la strage di Capaci, nella qualre muoiono Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti della scorta, Mutolo accetta di farsi interrogare da Borsellino. "Lo stato stava vincendo la guerra grazie al pool. [….]
E in quella guerra anche noi collaboratori avemmo un ruolo determinante, [….].
"Cosa nostra avrebbe dovuto rispettare le vecchie regole: che sicurezza ci dà la mafia se cerca lo scontro frontale con lo Stato, se uccide le donne, i bambini, adirittura i figli dei figli? Bisognava continuare a fare quello che si era sempre fatto nella nostra vita di mafiosi: facevamo del male, è vero, ma rispettavamo le regole: ci si ammazzava tra uomini, tra mafiosi: tu accidi uno dei miei, io uccido uno dei tuoi, punto".

Il primo di luglio 1992, durante il primo interrogatorio, Borsellino riceve una telefonata e comunica a Mutolo che deve correre al ministero in quanto il ministro degli Interni Nicola Mancino gli vuole parlare. Torna agitatissimo. "Al Ministero c'era pure Contrada e la cosa non gli andava giù […]. Il ministro lo chiamò mentre noi eravamo agli inizi di un rapporto molto delicato, dovevamo ancora stabilire il protocollo di protezione. Del resto la presenza dei servizi, nel momento in cui incominciai a collaborare era una realtà con la quale dovevamo fare i conti".

Il 16 e il 17 luglio Mutolo incontra nuovamente Borsellino, e mentre attende in corridoio tra una pausa e l'altra lo sente urlare infuriato: "«Ma questi sono matti! Sono matti!». […] doveva essere venuto a conoscenza di qualche gioco sporco. «Hanno perso il senno!» diceva: Il suo tono di voce era disgustato. Aveva capito di non potersi fidare di nessuno, nemmeno dei suoi superiori. Eranno i giorni della trattativa Stato-mafia […].

Dopo l'assassinio di Borsellino, la domenica del 19 luglio, il rapporto di collaborazione di Mutolo diventa ancora più intenso, e cerca anche "di convincere a collaborare il più alto numero di mafiosi […] quel che contava era costituire una squadra sempre più ricca di collaboratori e fare in modo che tutti insieme formassimo un fronte unico".

L'autrice

Anna Vinci è nata a Roma, dove vive e lavora dopo una lunga parentesi a Parigi. È stata autrice, conduttrice e documentarista per la Rai. Ha pubblicato diversi saggi, tra cui: "Tina Anselmi. Storia di una passione politica" (Sperling & Kupfer); "La politica con il cuore" (con Stefania Pezzopane, Castelvecchi); "Le notti della democrazia. Tina Anselmi e Aung San Suu Kyi, due donne per la libertà" (Ediesse); e i romanzi: "Calcutta" (abbinato al racconto di Vasco Pratolini "Lungo viaggio di Natale", Guida); "Marta dei vocabolari" e "Restituta del porto" (Voland); "Il Signore del sorriso" (Iacobelli). Amica e biografa di Tina Anselmi, di cui cura l’archivio, per Chiarelettere ha pubblicato "La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi", fortunato saggio riedito con una nuova prefazione nel 2018, che raccoglie gli appunti della presidente della commissione parlamentare, ex partigiana, cattolica e coraggiosa ministra. Amica e biografa di Tina Anselmi, di cui cura l’archivio, per Chiarelettere ha pubblicato La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi, fortunato saggio riedito con una nuova prefazione nel 2018, che raccoglie gli appunti della presidente della commissione parlamentare, ex partigiana, cattolica e coraggiosa ministra.

Anna Vinci
Gaspare Mutolo
La mafia non lascia tempo

Chiarelettere editore, Milano. Prima edizione: agosto 2019
Collana: Reverse
Pagine: 252. Brossura con alette
Prezzo di copertina: € 16,00
ISBN/EAN: 9788832961683


27/11/2019 - 11.21.08

fonte: Giovanni Paparo gpaparo@expofairs.com


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