PRISMA

Editoriale
PRISMA 
N. 101/2011


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Mala tempora currunt. Priorità assoluta la drastica riduzione dei debiti sovrani

Secondo le previsioni di settembre del Centro Studi Confindustria (CSC), il PIL italiano salirà dello 0,7% quest’anno per frenare allo 0,2% il prossimo – contro il +0,8% e il +0,6 indicati a giugno –, restando sotto di 4,5 punti rispetto al massimo pre-recessione del primo trimestre 2008.

La domanda interna rimane debole, per l’incertezza che scoraggia le decisioni di spesa, per la disoccupazione elevata, per la flessione del reddito reale delle famiglie e dei margini delle imprese, e per le inevitabili ripercussioni delle manovre varate. D’altra parte la congiuntura internazionale è notevolmente peggiorata nel corso dell’estate e continuerà a essere sfavorevole nei prossimi mesi, traducendosi in una crescita moderata degli scambi internazionali e dell’attività economica globale. Specie nei paesi avanzati, dove agiranno da freno i provvedimenti di rientro dei deficit pubblici e il venir meno degli effetti delle misure espansive varate in precedenza. Ma il raffreddamento interesserà pure i paesi emergenti, dove sono state introdotte misure monetarie restrittive per tenere a freno l’inflazione in preoccupante accelerazione.

Il libro Debt, Deficits, and the Demise of the American Economy, di Peter Tanous e Jeff Cox, pubblicato da John Wiley & Sons (www.wiley.com) presenta un quadro terrificante della situazione. Inizia con la seguente dichiarazione al New York Times di Alan Greenspan, passato presidente della Federal Reserve: “Il problema che oggi abbiamo di fronte è la più straordinaria crisi finanziaria che io abbia mai visto o di cui abbia letto.”

La catastrofe finanziaria, secondo gli autori, inizierà col collasso dei cosiddetti paesi PIIGS – prima la Grecia poi l’Irlanda – portando a una crisi di fiducia nelle banche europee e a una netta svalutazione dell’euro. L’incertezza sul destino dell’Ue porterà a un rapido declino nei mercati azionari del mondo, le obbligazioni crolleranno e gli interessi si impunteranno.

In breve l’epicentro si sposterà dall’Europa negli Stati Uniti, col loro debito monumentale e la spesa in deficit fuori controllo. Il Tesoro americano accelererà la stampa di dollari per coprire i debiti, ma la condizione finanziaria deteriorata causerà un picco nei tassi d’interesse. Molti Stati falliranno e in molti casi non verranno più pagati gli assegni ai dipendenti statali in pensione.

Di fronte al rischio di una reazione a catena capace di travolgere anche i paesi più forti, la drastica riduzione dei debiti sovrani sta diventando una priorità assoluta. Possiamo immaginare con quale determinazione l’Italia sarà indotta a ridurre il suo debito pubblico, il terzo al mondo in rapporto al PIL tra i paesi industrializzati, e per oltre la metà detenuto all’estero.

Il debito toccherà il 120,3% del PIL nel 2011 (119,0% nel 2010) per scendere al 119,5 nel 2012. La spesa per interessi nel 2011 salirà al 4,9 del PIL (dal 4,5% nel 2010) e al 5,3% nel 2012, a causa del maggiore debito pubblico e dei tassi d’interesse più alti. Secondo il CSC è però la bassa crescita dell’Italia a preoccupare di più i mercati, più che la situazione della finanza pubblica in sé. Solo aspettative di crescita migliori, unite al rigore nell’aggiustamento dei conti, possono ristabilire la fiducia degli investitori.

Constatiamo con soddisfazione che il sistema fieristico italiano, di cui ci occupiamo, sta svolgendo un ruolo importante per favorire la crescita.

Giovanni Paparo

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