N. 2/2010
Speciale
di PRISMA N. 98

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Rilanciare le costruzioni, ridurre il costo del lavoro e aumentare le paghe si può?

Le costruzioni vivono in Italia un momento drammatico (v. articolo a p. 5). La stretta economica imposta dalla crisi mondiale e dalle gravi condizioni della finanza pubblica non le ha risparmiate. Eppure sembra largamente condivisa la convinzione che senza una ripresa dell’economia i problemi siano destinati ad aggravarsi, e quello delle costruzioni è il settore anticongiunturale per eccellenza.

L’urgenza di fronteggiare le ondate speculative che minacciano di dissestare i Paesi più esposti ha imposto l’anticipo dell’annunciata manovra di 25 miliardi di euro. Forse riuscirà a tamponare alla bell’e meglio la situazione, ma per tenere con sicurezza il mare aperto nei prossimi anni, l’Italia dovrà affrontare le grandi riparazioni di cui ha bisogno, conciliando risanamento dei conti e rilancio dell’economia.

Siamo ancora un paese manufatturiero dipendente dalle esportazioni. Nelle attuali condizioni di mercati aperti globali, produttività e costo del lavoro giocano un ruolo centrale. Per le imprese ridurre il costo del lavoro è un imperativo categorico, per i lavoratori dipendenti salvaguardare il posto di lavoro e il reddito altrettanto. A mio avviso si dovrebbe pervenire a una riduzione del costo del lavoro per l’impresa di almeno il 15% incidendo sugli oneri contributivi e sui costi delle assenze per malattia. L’assenza per malattia degli impiegati, salvo Terziario e Servizi, è tutta a carico del datore di lavoro (un’indennità massima di due terzi della retribuzione corrente porterebbe anche a un risparmio aggiuntivo per la sicura riduzione delle assenze). Una drastica riduzione delle complicazioni legate alla gestione amministrativa del rapporto di lavoro potrebbe dare un ulteriore contributo alla riduzione del costo del lavoro e quindi alla salvaguardia dei posti esistenti e probabilmente alla creazione di nuovi.

Quanto all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, penso che qualche remora all’assunzione di nuovi dipendenti coi contratti tradizionali potrebbe cadere ove fosse introdotto un limite massimo al risarcimento del danno al lavoratore previsto dal secondo comma.

Per i dipendenti delle imprese che stanno sui mercati aperti alla concorrenza internazionale il sogno della retribuzione variabile indipendente è durato poco. Per essi la questione delle compatibilità s’impone da sola in tempi rapidi, diverso è il caso del pubblico impiego e delle aree protette.

Nell’ipotesi accennata, il dipendente potrebbe ottenere un aumento della paga in relazione: ai minori versamenti pensionistici a suo carico, alla parziale compensazione della minore copertura delle assenze per malattia e grazie a uno sgravio fiscale, auspicabile per i redditi più bassi.

Il conseguente maggior numero di aziende sane e di lavoratori che producono reddito e pagano le tasse e il minor numero di aziende e lavoratori che necessitano assistenza potrebbe in parte ridurre gli oneri a carico dei conti pubblici per l’operazione proposta.

Anche il volano del settore costruzioni richiede un investimento di risorse da reperire assolutamente, se non vogliamo che, senza la ripresa dell’economia, il necessario risanamento dei conti pubblici si risolva in un avvitamento nella crisi fino al collasso totale.

Tale risanamento richiede interventi massicci e duraturi, che devono essere improntati a equità, solidarietà e efficacia. La riduzione degli sprechi potrà dare un forte contributo, ma credo che non si potrà fare a meno di rivedere sostanzialmente pensioni, retribuzioni e fisco. Mi auguro poterne trattare prossimamente.

Giovanni Paparo

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