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Shlomo Sand
L’invenzione del popolo ebraico
Mimesis


Pianeta Libri news. Torino, 26 settembre 2024 – La recente uscita nella traduzione italiana del libro di Shlomo Sand L’invenzione del popolo ebraico, per merito della casa editrice Mimesis, giunge particolarmente opportuna in un momento in cui si discute molto anche in Italia sulle identità nazionali, etniche e religiose.

Shlomo Sand, storico israeliano, offre con questo libro una prospettiva provocatoria e, allo stesso tempo, profondamente documentata sulla storia ebraica e sull'origine dell'identità ebraica moderna. Il titolo stesso cattura immediatamente l'attenzione: "L’invenzione del popolo ebraico" suggerisce che l'idea di un popolo ebraico coeso, con una continuità storica ininterrotta da millenni, sia frutto di una costruzione ideologica piuttosto recente.

Sand mette in discussione alcune delle narrazioni fondanti del sionismo, come il concetto di diaspora forzata dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. e l'idea che gli ebrei moderni siano discendenti diretti degli ebrei biblici. L'autore ricostruisce un passato molto più complesso e sfaccettato, dove comunità ebraiche diverse si sono formate in vari contesti culturali e geografici attraverso processi di conversione e assimilazione, piuttosto che da una supposta migrazione di massa. In questo modo, Sand sfida la nozione di un'identità nazionale ebraica che abbia radici biologiche o etniche omogenee.

L'opera è scritta con il rigore accademico di uno storico di professione, ma Sand riesce a mantenere uno stile chiaro e accessibile, rendendo il testo interessante e fruibile anche per un pubblico non specializzato. La sua capacità di articolare un’argomentazione complessa senza perdere in chiarezza è una delle forze del libro.

"L’invenzione del popolo ebraico" invita a riflettere su come le identità collettive vengano costruite attraverso racconti storici, spesso modellati da esigenze politiche. Il libro non è solo una critica alle narrazioni nazionaliste, ma un invito a riconsiderare il ruolo della storia nella formazione delle identità culturali. Sand, pur consapevole della portata delle sue affermazioni e della loro potenziale controversia, si sforza di basarsi su prove storiche rigorose, lasciando che siano i lettori a trarre le proprie conclusioni.

L'introduzione alla edizione italiana, che riporto di seguito, mi sembra sufficiente a comprendere la straordinaria importanza del libro.
di Giovanni Paparo

ALLE LETTRICI E AI LETTORI ITALIANI
Quando il geniale statista Massimo d’Azeglio nel suo
saggio I miei ricordi scrisse la celebre frase “L’Italia è
fatta. Restano da fare gli italiani”, pochi lo capirono e
ancora meno riuscirono a identificarsi con quella stra-
ordinaria intuizione storica. Nella seconda metà del
XIX secolo, il nazionalismo prese forma in Europa,
conquistò i cuori e quasi tutti credettero che i popoli e
le nazioni fossero sempre esistiti. I francesi erano sicuri
di essere i discendenti dei Galli, i tedeschi credevano
di essere gli eredi biologici dei Teutoni e molti in Italia
sapevano con certezza di essere i naturali successori dei
grandi Romani. Dovremo aspettare più di cento anni
perché appaiano sempre più ricercatori che svelino le
ragioni e le motivazioni per cui tante popolazioni mo-
derne vedono sé stesse come popoli e nazioni che esi-
stono da tempi immemorabili.
Ho pubblicato per la prima volta questo libro nel
2008 in lingua ebraica. Non immaginavo allora che
avrebbe suscitato un’opposizione così forte da parte
della storiografia ufficiale in Israele. È bene sapere che
nelle università israeliane ci sono dipartimenti com-
pletamente separati per la storia generale e per la sto-
ria del popolo ebraico. Come professore che insegna-
va nel dipartimento di storia generale, non rientrava
nel mio ambito professionale scrivere sulla storia degli
ebrei e quindi ero percepito come un invasore in un
campo che non era il mio. Nonostante ciò, il saggio è
diventato un best seller in Israele ed è stato tradotto
in 22 lingue.
Ho scoperto già in prima battuta che l’ipotesi comu-
ne, sia in Israele sia nei paesi del mondo, secondo cui i
Romani esiliarono gli ebrei dopo le loro rivolte, cosic-
ché questi ultimi si diffusero e moltiplicarono nel mon-
do, è priva di fondamento. Non esiste un solo lavoro di
ricerca storica che lo sostenga. Non è vero che gli ebrei
si diffusero o si dispersero in tutto il mondo, si tratta di
una credenza della religione monoteista sulla compar-
sa degli ebrei intorno alle rive del Mar Mediterraneo e
successivamente al di là di esse. Ho poi scoperto che
non solo molte comunità pagane si convertirono al giu-
daismo, ma anche vari regni in tutto il mondo.
La fede ebraica è stata per molti secoli una religione
completamente apolitica che si basava principalmente
sul Talmud babilonese e sulla Mishnah come fonti della
sua identità e delle sue pratiche rituali. Agli ebrei non in-
teressava la storia politica della Giudea/Palestina dopo
i racconti biblici: il libro dei Maccabei, ad esempio, che
fu scritto per la prima volta in ebraico e racconta la
ribellione contro l’impero seleucide, fu completamente
cancellato dalla memoria degli ebrei credenti, tradot-
to in greco e tramandato grazie alla Chiesa cristiana.
Anche La guerra giudaica di Flavio Giuseppe, scritto
nella lingua dei suoi avi e grazie al quale conosciamo,
tra l’altro, la grande rivolta degli Zeloti di Masada, fu
gettato nella pattumiera della storia rabbinica ed è ri-
masto nelle nostre mani grazie alla Chiesa.
Il cristianesimo tradizionale, che insisteva nel vedere
l’ebraismo non come una religione legittima concor-
rente ma come un’entità straniera proveniente dall’O-
riente, l’antisemitismo razzista, che prese forma nel
XIX secolo, e l’ascesa del nazionalismo portarono alla
nascita del sionismo. Nel quadro di questa ideologia è
sorta e si è rafforzata ancora di più l’idea che gli ebrei
siano sempre stati un gruppo etnico straniero, esiliato
con la forza e proveniente dalla Palestina.
Il libro che avete davanti mira a sfidare questo ap-
proccio storico. La comprensione di fondo che si ave-
va sugli ebrei, che in realtà era all’origine anche dello
sterminio degli ebrei in Europa, non è scomparsa con
l’eliminazione del regime nazista e dei suoi numerosi
sostenitori (com’è noto, tutti i tentativi dei seguaci di
Hitler di trovare un denominatore biologico comu-
ne per gli ebrei fallirono). Tuttavia, dopo la guerra,
fu conveniente per molti – dagli inglesi ai sovietici
– spingere i rifugiati sopravvissuti in Europa verso il
Medio Oriente invece di accoglierli nei propri paesi.
“Il popolo ebraico è tornato in patria” era una formu-
la di comodo per continuare a sbarazzarsi degli ebrei
e dei loro discendenti.
L’immigrazione di masse di rifugiati in Palestina ha
portato passo dopo passo alla nascita di un nuovo po-
polo, il popolo israeliano, con una cultura e una lingua
uniche, che non erano affatto condivise dai discendenti
degli altri ebrei nel mondo. Inoltre, la politica etno-
centrica della maggior parte dei leader del movimento
sionista ha creato un netto divario tra i coloni conside-
rati ebrei e la numerosa popolazione indigena. Perfino
i kibbutz socialisti non erano pronti ad accettare gli
agricoltori arabi tra le loro file. Alla fine, nel 1948, fu
istituito uno Stato che dichiarava di essere ebraico e
non israeliano.
Un paese in cui la politica identitaria si fonda neces-
sariamente su criteri religiosi, a causa dell’incapacità di
stabilire criteri laici, civili e culturali per l’appartenenza
alla collettività nazionale. Questo ha creato un muro in-
valicabile tra gli immigrati e i nativi. Ancora oggi gli im-
migrati i cui padri sono di origine ebraica e le cui madri
non sono “ebree” vengono registrati presso il ministero
degli Interni come privi di nazionalità.
Uno Stato ebraico esclusivo nel Medio Oriente ara-
bo che si considera appartenente agli ebrei del mondo
e non a tutti i suoi cittadini è condannato a continuare
a esistere in costante conflitto con l’ambiente circostan-
te. Hannah Arendt aveva già previsto nel 1948 che un
paese del genere sarebbe stato costretto a confrontarsi
militarmente con i suoi vicini ogni dieci anni. I diffi-
cili eventi iniziati alla fine del 2023 e che continuano
al momento della stesura di questa breve introduzione
confermano purtroppo le ipotesi di Arendt. Il disinte-
resse di Israele nei confronti dei palestinesi, che vivono
nel suo territorio come cittadini di seconda classe e che
subiscono un’occupazione senza alcun diritto, mette ri-
petutamente in discussione l’esistenza di Israele e degli
israeliani.
Shlomo Sand
Tel Aviv, 4 febbraio 2024

L'autore

Shlomo Sand
(Linz, 1946), storico e scrittore di fama internazionale. Nato da una famiglia di ebrei polacchi sopravvissuti all’Olocausto, nel 1948 emigra a Giaffa. Nel 1977 si laurea in Storia all’Università di Parigi. Attualmente è professore emerito di Storia all’Università di Tel Aviv. L’invenzione del popolo ebraico è stato nella classifica dei best seller in Israele per diciannove settimane e in Francia ha vinto il premio Aujourd’hui.

Scheda del libro:

Shlomo Sand
L’invenzione del popolo ebraico
Mimesis Edizioni (Milano - Udine) - MIM Edizioni srl, 1ª edizione: gennaio 2024
Fuori collana
Pagine: 576
ISBN: 9791222310732
€ 26,00

EPUB
ISBN 9791222313344
€ 16,99


26/09/2024 - 09.47.57

fonte: Giovanni Paparo giovapaparo@gmail.com


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